Tutto quello che devi sapere sul cambio di destinazione d’uso

Trasformare un loft industriale in un’abitazione privata significa non solo procedere ad un’importante ristrutturazione ma in primo luogo dover effettuare un cambio di destinazione d’uso. Come si procede? Quali sono i costi da tenere in considerazione prima di iniziare cambio di destinazione d’uso?

 

Quando si parla di destinazione d’uso si definisce in edilizia l’insieme delle modalità e  finalità di utilizzo di un certo edificio.  La prima verifica da compiere preventivamente è quella di recuperare il cosiddetto Piano Regolatore, un insieme di norme approvate dal proprio Comune di residenza che possono vietare o meno il cambio di destinazione d’uso in particolari zone. Se il Piano regolatore non pone particolari limiti, è il momento di capire quali autorizzazioni vanno richieste al Comune.

 

Occorre in tal caso distinguere a seconda che il cambio di destinazione d’uso comporti o meno l’esecuzione di opere edilizie. Se non vi sono allora per ottenere il cambio basterà presentare una DIA, la Denuncia di Inizio attività oppure la SCIA, la Segnalazione certificata di Inizio attività, a seconda delle decisioni del Comune. Se il cambio di destinazione d’uso prevede invece delle modifiche strutturali o distributive, allora andrà chiesto un Permesso di Costruire vista l’importanza dell’intervento da realizzare.

 

Se l’immobile oggetto del cambio di destinazione d’uso si trova in un condominio occorre verificare che nel regolamento condominiale non vi siano restrizioni in tal senso. Se così fosse occorre prima di procedere al cambio chiedere l’autorizzazione alla stessa assemblea. Dopo aver ottenuto le autorizzazioni necessarie si potrà procedere all’intervento che comporta inevitabilmente anche il cambio di categoria catastale dell’immobile.

 

Si definisce cambio d’uso urbanisticamente rilevante quello che comporta il passaggio ad una categoria diversa, anche senza opere edilizie. Cambiando la categoria cambia anche la rendita su cui andranno calcolate le tasse, come Imu e Tasi.

 

Il Decreto Sblocca Italia ha modificato l’articolo  23-ter del Testo Unico dell’Edilizia (d.P.R. 380/2001) secondo cui costituisce cambio rilevante della destinazione d’uso “ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale” inserita in un catalogo ben definito. Sono quattro le categorie funzionali oggi possibili: residenziale e turistico-ricettiva, produttiva e direzionale, commerciale e rurale. In base al Testo Unico dell’Edilizia è sempre possibile il cambio della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale, salvo diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali.

Con questo decreto però il cambio di destinazione d’uso è diventato più semplice, perché le categorie previste dalla legge da 7 sono diventate 5. A partire dal 2014 le categorie funzionali degli immobili sono:

  • Residenziale. Comprende tutti gli immobili la cui superficie è utilizzata prevalentemente per uso abitativo.
  • Turistico-ricettiva. Rientrano in questa categoria gli hotel e tutte le strutture ricettive di vario tipo, dagli ostelli ai campeggi.
  • Produttiva e direzionale. Fanno parte di questa macro-categoria tutte le industrie, i laboratori artigianali e in generale le strutture destinate alla produzione di beni. Vi rientrano anche le banche, le sedi di enti e società che erogano servizi, ma anche studi professionali e uffici.
  • Commerciale. Comprende tutti i negozi, i mercati e le attività commerciali, comprese quelle che operano nella ristorazione, come ristoranti e bar.
  • Rurale. Qui rientrano le strutture destinate alla produzione agricola, all’allevamento, alla forestazione e alla coltivazione, le abitazioni rurali, le serre, ma anche gli agriturismi ed agricampeggi.

Una volta chiarito quali sono le categorie per la destinazione d’uso, dobbiamo capire in che modo vengono usate. Infatti è possibile che uno stesso immobile sia destinato a diversi utilizzi. Cosa succede in questi casi? Per spiegarlo, ti  faccio un semplice esempio.

Se un immobile è usato in parte come abitazione e in parte per lo svolgimento di un’attività commerciale, per stabilire in quale categoria funzionale rientra, si tiene conto della destinazione d’uso prevalente. Se ad esempio l’unità è residenziale per il 50,01%, la destinazione d’uso sarà quella residenziale.

Attenzione a non confondere la categoria funzionale attribuita, con la destinazione d’uso indicata nella visura catastale. Infatti la variazione catastale avviene solo in un secondo momento. Prima si procede al mutamento di destinazione d’uso e solo dopo il benestare del comune si può procedere con la variazione al catasto.

 

Ma quanto costa il cambio di destinazione d’uso? Le spese da tenere in conto sono quelle necessarie per i lavori materiali all’interno dell’immobile, a cui si aggiungono le parcelle dei professionisti coinvolti – diverse a seconda se il cambio di destinazione d’uso prevede o meno opere edilizie – e gli oneri di urbanizzazione.

Gli oneri di urbanizzazione non sono le uniche voci di spesa per il mutamento di destinazione d’uso. Tra i costi da conteggiare, devi aggiungere anche quelli relativi ai lavori edili e l’onorario dei professionisti che hanno reso possibile la chiusura della pratica con successo. Vediamo nel dettaglio questi costi.

Costo degli interventi edili
I costi per i lavori edili di adeguamento o ristrutturazione dell’immobile sono estremamente variabili e dipendono soprattutto dal tipo di interventi richiesti. So quanto è difficile valutare i preventivi delle imprese che si occupano di ristrutturazione, ma ho scritto una guida sulla scelta dell’impresa edile che potrebbe esserti utile.

Questa voce di spesa comprende anche la messa a norma degli impianti, indispensabile per ottenere il Certificato di agibilità, l’allargamento di vani, il recupero di sottotetto o qualsiasi altro intervento eseguito dall’impresa edile.

Onorario dei professionisti
Il cambio di destinazione d’uso è una pratica abbastanza complessa e avrai bisogno di professionisti validi che svolgeranno per te varie attività. Innanzitutto devi mettere in preventivo l’onorario del geometra che si farà carico di tutta la trafila burocratica al Comune e al catasto.

I lavori per il cambio di destinazione d’uso richiedono necessariamente anche l’intervento di un direttore dei lavori, che si occuperà di seguire il cantiere e coordinare le varie maestranze. Includi quindi tra le spese anche l’onorario del direttore dei lavori, che si farà carico delle varie responsabilità in cantiere. Nella maggior parte dei casi, il direttore dei lavori coincide con il tecnico progettista e l’onorario di questa prestazione è compreso nella progettazione.

Tempistiche del cambio di destinazione d’uso
Abbiamo parlato di procedure, normative e costi del cambio di destinazione d’uso, ma dobbiamo ancora occuparci dei tempi necessari per concludere la pratica. Le tempistiche variano in base a vari fattori e quelli più importanti sono la necessità o meno di eseguire delle opere edili e i tempi di gestione della pratica da parte del Comune di riferimento.

Se si vuole effettuare un cambio destinazione d’uso senza opere, come abbiamo visto, è sufficiente la SCIA, che serve per comunicare all’amministrazione comunale la data di inizio e conclusione dei lavori. Una volta presentata la SCIA, i lavori possono cominciare anche il giorno successivo.

In caso di cambio destinazione d’uso con opere, i tempi sono più lunghi perché servirà anche il permesso di costruire. Normalmente l’attesa per avere il permesso di costruire si aggira intorno ai 2 mesi, ma dipendono molto dalla rapidità del Comune nella gestione della pratica.

 

 

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